tesi congressuali - congresso meridem - de miccoIl neo eletto presidente dei Meridem, Roberto de Micco
TESI CONGRESSUALI APPROVATE DAI MERIDEM

I Meridem hanno approvato le seguenti tesi congressuali l’11 novembre 2017 a Torrecuso (BN).

Il meridionalismo

1. Il nostro meridionalismo è caratterizzato da due aspetti principali.

a. Il primo aspetto è sistemico: è la lotta contro la disuguaglianza territoriale fra il Centro-Nord e il Sud.

b. Il secondo aspetto è specifico dei territori del Sud Italia in cui è necessario creare una classe dirigente competente, onesta, che rappresenti gli interessi del territorio.

Oltre a lottare contro le politiche nazionali che da 156 anni ci danneggiano, è anche necessario lottare contro il malaffare, la malapolitica e l’incompetenza delle nostre classi dirigenti.

I partiti nazionali

2. Mezzo secolo fa, i partiti di massa della prima repubblica soppressero di fatto qualsiasi filone meridionalista al loro interno. Successivamente i partiti non solo non hanno mai più ripreso il discorso, ma sono stati forti fautori della politica toscopadana. Tutti i governi nazionali, indipendentemente dal colore politico, hanno favorito lo sviluppo del Centro-Nord e la conseguente spoliazione totale del Sud. La parola “Sud” compare soltanto quando, in campagna elettorale, servono voti.

Le classi dirigenti del Sud

3. Le classi dirigenti del sud negli ultimi 156 anni non hanno fatto altro che adattarsi ai cambiamenti di regime, passando dallo stato borbonico a quello italiano, perfettamente in linea con il gattopardismo ben descritto nella letteratura. Dall’Unità in poi, le nostre classi dirigenti sono state e sono organiche agli interessi dell’economia del Centro-Nord, e si comportano seguendo schemi già visti in situazioni coloniali altrove.

Rivendicazione storica e azione politica

4. Il meridionalismo non è ancora riuscito ad esprimere una sua rappresentanza politica capace di presentare una credibile alternativa politica e amministrativa per la gestione dei nostri territori. Sebbene diversi intellettuali e studiosi meridionalisti, così come tanti movimenti, abbiano prodotto tante analisi sulla condizione coloniale dei nostri territori, non si è ancora sviluppata una proposta politica credibile e attuabile.

5. Fra le diverse componenti del meridionalismo, il filone della rivendicazione storica è quella che ha avuto più successo. Gli studiosi meridionalisti hanno dato un impulso notevole per rimettere in ordine una storia scritta dai vincitori che è servita e serve per giustificare o nascondere la rapina coloniale. Questo enorme lavoro ha ormai creato le condizioni affinché sia sempre più diffusa la coscienza di quanto sia successo 156 anni fa. La presa di coscienza identitaria nei nostri territori è estremamente positiva anche perché non è caratterizzata da alcun segno di razzismo, odio, o intolleranza nei confronti dei cittadini del centro-nord Italia.

6. Mentre continua a crescere il numero dei cittadini meridionali che prendono coscienza della condizione di subalternità che è stata inflitta al Sud dall’unità nazionale, l’offerta politica meridionalista è ancora insufficiente. Studiosi meridionalisti, economisti, analisti e personalità della cultura si alternano per denunciare la condizione di subalternità odierna e indicano anche quanto ci sia da fare. Tuttavia, non esiste un collegamento organico che permetterebbe a tali indicazioni di diventare politica di governo dei territori o, più semplicemente, piattaforma di partito.

Battere l’individualismo per creare un vasto fronte meridionalista

7. I movimenti meridionalisti non sono riusciti a superare l’individualismo dei capi e delle figure storiche che li hanno fondati; non sono riusciti a superare i settarismi, la disorganizzazione e la generale mancanza di fiducia in sé stessi. I movimenti tendono a frammentarsi trovando sempre motivi per separarsi o per rimanere separati.

8. Senza un grande movimento meridionalista capace di mettere al centro della sua attività la lotta contro la disuguaglianza territoriale e una politica per favorire la creazione di una ottima classe dirigente meridionale, non si va da nessuna parte. È necessario più che mai lavorare per la creazione di un grande movimento meridionalista.

L’esperienza dei Meridionalisti Democratici

9. L’esperienza dei Meridionalisti Democratici è estremamente positiva per quanto riguarda la sua tenuta durante un periodo in cui moltissimi movimenti della costellazione meridionalista sono comparsi e poi scomparsi. Tuttavia, i Meridem non sono riusciti ad espandersi in tutto il Sud. In questi cinque anni il Movimento è stato presente solo in Campania e solo da poco c’è una presenza strutturata in Calabria. Per il resto del Sud, la nostra organizzazione è assente, almeno per quanto riguarda condizioni strutturate.
Eppure, il filone meridionalista, molto simile ai nostri ideali, di ispirazione democratica e repubblicana, vocato ai diritti civili e sociali, è presente in tutto il Sud Italia. Ma purtroppo non è legato al nostro partito.

10. L’esperienza dei Meridionalisti Democratici negli ultimi cinque anni ha evidenziato alcuni punti fondamentali:

a. La partecipazione alle competizioni elettorali collegati, in qualsiasi modo, al Partito Democratico crea confusione e danneggia il nostro movimento. La parola “democratico” che abbiamo nel nostro nome, porta alcuni a pensare che siamo parte integrante di questo partito toscopadano. Inoltre, il Partito Democratico si è dimostrato poco corretto nella gestione del potere e nei rapporti elettorali con piccoli movimenti identitari come il nostro. Il PD non è altro che la rielaborazione della malapolitica della prima Repubblica. Qualsiasi rapporto elettorale con il partito democratico è tossico.

b. Le esperienze elettorali che abbiamo fatto hanno tuttavia dato fiducia ai militanti rispetto alle procedure burocratiche e organizzative che devono essere espletate per presentarsi alle elezioni. Il patrimonio acquisito durante le elezioni napoletane, in particolare, assieme a quanto abbiamo imparato dagli errori fatti sia nelle elezioni campane, sia in quelle svolte in alcuni comuni napoletani, hanno un valore inestimabile. Sappiamo cosa fare dal punto di vista burocratico e amministrativo e abbiamo imparato cosa vuol dire interagire con i volponi della vecchia politica.

Compito del meridionalismo

11. La letteratura meridionalista definisce la condizione del Sud Italia come “colonia interna”. L’azione politica per l’affrancamento dallo stato di colonia è un’azione dirompente, non una istanza amministrativa da presentare allo Stato nazionale: è la volontà di interrompere il sistema predatorio e mortificante che lo stato industriale Italiano opera sul Sud da 156 anni.

12. La difficoltà, di tradurre le analisi in proposta politica meridionalista, sta nel fatto che ancora non si è definito un blocco sociale che sia il fautore del cambiamento. Il movimento meridionalista, inteso in senso ampio, deve:

a.  saper individuare le forze sociali interessate al cambiamento,

b.  lavorare sulle contraddizioni che ne impediscono l’unità e

c.  candidarsi alla guida politica del blocco sociale.

Che fare

13. Il nostro movimento deve essere in prima linea per:

a. lavorare per la creazione di un vasto movimento politico unitario meridionalista in tutto il Sud, che non sia una somma di organizzazioni politiche esistenti, ma un coordinamento che interessi realtà territoriali e singoli cittadini;

b. lavorare per raggiungere obiettivi condivisi e propedeutici alla rinascita economica e sociale del Mezzogiorno;

c. lavorare per la diffusione del meridionalismo, per l’allargamento del consenso alle nostre proposte politiche, per la crescita del corpo militante e per la formazione di una classe politica che curi primariamente gli interessi del Sud.

 

Nella foto in evidenza, il neoeletto presidente dei Meridem, Roberto de Micco.

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